sabato 28 agosto 2010

Liberarsi per essere?


Le ultime vacanze ci hanno ricordato quello che pensiamo spesso:
i piaceri apparenti, fugaci, proposti dal consumo, dal conformismo richiedono grandi investimenti, economici, emotivi, temporali. Nel medio termine e alla lunga risolvono solo bisogni fasulli e danno solo una felicità temporanea, parziale, superficiale, lasciano un senso si insoddisfazione che ci rende coatti nella ripetizione di una “normalità insopportabile”.

La ripresa dell’anno lavorativo negli ambienti di vita soliti è un punto a capo che dobbiamo sfruttare per iniziare a perseguire un cammino di liberazione permanente.

Per cercare la propria strada, bisogna prima semplificare i meccanismi della vita quotidiana
(Platone)


Semplicità liberatrice o uncluttered simplicity:


Semplicità significa dire no ad una vita troppo occupata, stressata ed allo stesso tempo frammentata.
La semplicità liberatrice favorisce la liberazione dalle distrazioni banali, sia materiali che immateriali,
focalizzandosi su ciò che è veramente essenziale –
qualsiasi cosa possa essere nella vita unica di ciascun individuo liberato.


la nostra vita si spreca nei dettagli… semplifica, semplifica”.
(Thoreu)


(Riflessioni su l’uncluttered simplicity del Voluntary simplicity Movement).

mercoledì 18 agosto 2010

del vivere ...



La chiusura del periodo che i più dedica alle vacanze estive pone sempre a tutti un momento di riflessione.

Chi non è andato è amareggiato,
sia che non sia andato per scelta, sia perché non ha potuto per altri motivi.

Chi c’è andato, spesso è deluso.
Le cose che ha fatto spesso non l’hanno sollevato, ricreato quanto avrebbe voluto.

Lo stacco della vacanza dovrebbe servire a ricreare le persone, a creare la giusta alternanza all’impegno del lavoro.

Ora, in quest’epoca di edonismo su tutti i fronti, cos’è la vacanza se non il trasferimento in altro luogo e la ripetizione concentrata di momenti vuoti e coatti già presenti tutto l’anno?

Pensare di risolvere il problema cambiando semplicemente budget,meta o compagnia,
non serve assolutamente a niente.

Conviene riflettere e agire sul vissuto intero.

Per questa riflessione, senza fare impegnativi richiami storico-filosofici, credo sia sufficiente partire da questo passaggio tratto dal decalogo del Voluntary semplicity Movement


“Liberarsi e liberare la propria facoltà di scegliere dal conformismo, dall’abitudine e soprattutto dalle dipendenze.

Agire sperimentalmente non sulla base delle convenzioni o dei condizionamenti, ma sulla base delle proprie credenze e della propria ricerca del piacere
(un piacere, come detto, stabile ed orientato all’armonia, che per essere tale deve prima di tutto non nuocere a nessuno).

Esercitare una forma di auto-controllo che aiuti a rendere liberi ed autosufficienti:

la scelta vera,
cioè non scontata o automatica,
é responsabile,
cioè riflettuta e orientata verso principi,

ha già in sé una scintilla di orgoglio e di soddisfazione.

giovedì 5 agosto 2010

semplicemente



oggi semplicemente piove!
ed io ripenso ad un altro passaggio dal decalogo del Voluntary semplicity Movement

... mettere in pratica la semplicità volontaria, attraverso il rifiuto del linguaggio del consumo, mantenendo un profilo sobrio e vivendo in maniera proporzionata al valore profondo delle cose.
testimoniare la semplicità volontaria attraverso l'azione,
attraverso il sostegno ed attraverso il sorriso,
aprendosi al dialogo ed al dono.

non inseguire a tutti i costi il consenso o l'approvazione generale,
ma spiegare tranquillamente a chiunque sia interessato a capire ...

sabato 31 luglio 2010

consumare criticamente

Consumare consapevolmente i beni ed i servizi necessari,
scegliendo prodotti durevoli, che non diano cioè luogo a scarti eccessivi;
prodotti salubri, che riducano cioè al necessario gli agenti chimici potenzialmente sempre dannosi;
prodotti che non siano ottenuti a costo della rovina dell’ambiente o dello sfruttamento dei lavoratori.

Favorire gli scambi non economici (dono, prestito, condivisione),

l’autoproduzione ed i produttori locali, costruendo con essi una relazione di vicinanza non solo commerciale in grado di garantire sulla qualità del prodotto e sui processi produttivi.
Eliminare dalla catena tutti gli intermediari improduttivi che fanno soltanto lievitare il prezzo, contrastando allo stesso tempo lo sfruttamento imposto dalla grande distribuzione e dalla globalizzazione.
da Voluntary Semplicity Movement

martedì 27 luglio 2010

Ridurre i consumi


Il consumo
non è né una via per la felicità, né un indicatore di successo o di personalità, né un “dovere sociale”.
anzi
Il consumo è spesso uno spreco di risorse economiche e di tempo:
beni rari e preziosi, che potrebbero essere investiti in maniera differente con risultati decisamente migliori.
Il consumo non garantisce benessere e soddisfazione durature
si alimenta nell’insoddisfazione e nella creazione continua di nuovi bisogni;
deteriora l’ambiente, le relazioni umane, la libertà e il benessere interiore.
Smascherare il consumo compulsivo e la promessa della felicità attraverso il consumo,
vuol dire riappropriarsi della capacità di scegliere ciò che è veramente degno
oltre all’apparenza ed agli stili della società dei consumi.


liberamente tratto dal Manifesto del Voluntary Semplicity Movement

mercoledì 3 febbraio 2010

Politikē téchnē


Anche la spesa si fa politicamente!

Nel fare acquisti si attuano tanti criteri di scelta che vanno ben al di là della mera convenienza economica.


Un buon esercizio per rendersene conto è questo, diviso in tre fasi:

1

Prima ci si siede e, tranquillamente, su di un pezzo di carta si prova a scrivere quante
piccole regole etiche si possono rispettare facendo degli acquisti.
Con tranquillità, perché tutta una serie di informazioni che abbiamo relegate in
un angolino del cervello sembrano agganciarsi e venire fuori piano, piano
e noi dobbiamo dargli il tempo necessario.
2

Poi si va a fare la spesa, sia essa alimentare o meno
3
Al ritorno si mettono gli acquisti sul tavolo, si prende la lista scritta e,
oggetto per oggetto, si verifica quante scelte etiche si è riusciti a rispettare.
Si deve cercare di capire se siamo riusciti a collegarle all’oggetto nel momento della scelta,
o
se certi criteri ce li siamo più o meno deliberatamente dimenticati.
Il risultato può essere che realizziamo che spesso siamo “indifferenti” nell’atto di agire le nostre idee, nel momento nel quale l’azione si concretizza, prevalgono altre considerazioni.
Oppure stiamo vivendo dicotomicamente.
Una parte di noi pensa, parla in un modo, un’altra parte agisce meccanicamente ed acriticamente, succube di tutto ciò che la bombarda.

Come quello della spazzatura, anche questo esercizio ripetuto periodicamente ci può portare ad acquisire un senso critico nella scelta,
un senso che sia coerente con ciò che pensiamo.

E non è la guerra di Sancho Panza contro i mulini a vento che ci aspetta,
ma un avvicinamento all’armonia con noi stessi e con tutto ciò che ci circonda.

mercoledì 7 gennaio 2009

Consumatori?

Tempo fa un nostro premier, gran fautore del circo mediatico, mentre si trovava in visita ufficiale all’estero, ha parlato dei suoi connazionali, chiamandoli sempre e solo “consumatori”.
Bene, se solo consumatori si è, tanto vale vivere il personaggio del “consumatore” in un modo vantaggioso per sé stesso, non per il gatto e la volpe.


Un consumo ragionato e cosciente è una delle vie di uscita da questi tempi difficili, e poi rimane per sempre come buona abitudine!

Un consumo che tenga presente che anche il consumatore ha un etica, una dignità, dei diritti.

Alcuni punti sull’etica del consumo li abbiamo già analizzati, ma non fa male ripeterli:

- Non si consumano prodotti che sono costati a chi li ha prodotti salute, libertà, dignità in assoluto o in misura esagerata rispetto al valore reale e a quello che si può avergli dato.
- Non si consumano prodotti per produrre i quali sono state saccheggiate o distrutte risorse che appartengono all’umanità intera.
- Non si consumano prodotti che per raggiungere il mercato dove si comprano, hanno inquinato acque, aria di tutti. Bruciato, in giri vani, energie già in esaurimento.
- Si deve sempre conservare un aggancio con la morigeratezza, soprattutto nei tempi di diffusa difficoltà sociale.
- Soprattutto si deve conservare un aggancio con le reali capacità di acquisto e con l’effettiva necessità del prodotto.

Riguardo alla dignità come acquirenti:

- Conviene ricordarsi che si è esseri raziocinanti, in grado di decidere autonomamente cosa si desidera, cosa necessita, cosa piace ( bando alle sirene mediatiche, quando inducono bisogni falsi o superflui, quando blandiscono punti deboli, quando sono menzognere)
- non si chiedono sconti, è offensivo perché implicitamente si manifesta la convinzione che l’altro stia guadagnando più di quanto gli spetti

Riguardo ai diritti:

- bisogna pretendere sempre una ricevuta di pagamento (questo vale anche per le prestazioni dei professionisti!)
- conviene stare attenti che ci sia sempre un giusto rapporto qualità-prezzo
- bisogna pretendere il corrispettivo merceologico o sapienziale, è un diritto, non un optional
- bisogna esigere chiarezza sul prezzo: dare al centesimo lo stesso valore che si darebbe a cento euro
- bisogna esigere chiarezza sulle prestazioni, sui materiali, sulla manifattura
- bisogna pretendere che il professionista, o il negoziante, sappia fare il suo mestiere, quale che esso sia
- bisogna dare e ricevere cortesia, attenzione

Non è chiedere troppo, è solo fare e chiedere il dovuto.

Una società che tenga conto anche di queste poche regole di base, è una società che vive meglio.
E siccome le società si cambiano dal dentro, vivendole, non solo scrivendo, l’impegno al rispetto della figura del “consumatore” già ci porterebbe un passo avanti, non dico nella considerazione del suddetto politico, ma per lo meno nel consorzio umano.