sabato 22 novembre 2008

imballaggi TEST

Test per constatare quanto siamo corresponsabili

Questo è un test molto semplice per tutti coloro che fanno già la raccolta differenziata, per gli altri è un buon sistema per iniziare a farla.

Raccogliere in modo differenziato la spazzatura durante tutto il week end:
venerdì, sabato e domenica.
Per una volta non eliminarla subito. Sistemarla in modo che sia visibile e tangibile (per la constatazione)

carta, cartone - vetro (senza i tappi o le capsule) - plastica, la carta doppiata da film plastici, vassoietti da supermercato (quelli della carne e del pesce basta sciacquarli), blister, sacchetti , bottiglie - alluminio in foglio, in vassoietti, capsule, lattine varie, coperchietti di latta, alublister - pile - sughero.

Si rimane sbigottiti quale che sia il numero dei componenti la famiglia!

È un test che serve per sensibilizzarsi, per chiarirsi anche con gli altri componenti il gruppo e che si può rifare ciclicamente per controllare quanto si progredisce nell’eliminazione delle confezioni superflue o, semplicemente, per controllare se qualcuno … bara!

imballaggi 3

Imballaggi speculativi

Se delle volte , come quella citata prima, l’ingegno è di recupero, tante altre volte è speculativo:

Un prodotto vale poco, non c’è corrispettivo merceologico?
Si decide di vendere il prodotto in quantità molto ridotte, per moltiplicare l’utile all’ennesima potenza?
Si deve creare l’illusione che serva, tanto da spingere all’acquisto compulsivo (ma con giustificazione morale accettabile)?

Ecco allora entrare in campo la psicologia,. E cosi via libera ai persuasori occulti:

La grafica accattivante. Diciture ridondanti o addirittura menzognere.
Foto sulle confezioni . Si è arrivati all’assurdo di riprodurre altro sulla confezione, tutelati dalla dicitura che quanto illustrato è meramente indicativo di ciò che si può fare con il contenuto.
Confezioni “isolanti”, visto che la psicologia di massa ha rilevato che, più una società è “affollata”, tanto più gli individui tenderanno a voler essere “gli unici” a toccare, a possedere un articolo. E non è neanche necessario che uno abbia un ego ipertrofico, per cadere in questi tranelli, basta che sia un “normale acquirente”

Per cui, onde non sommergere il mondo di spazzatura, bisogna,per lo meno, eliminare tutto il non necessario.

Bisognerebbe ridurre gli imballaggi all’indispensabile e fare in modo che questo indispensabile sia riciclabile.

E l’unico modo di farlo, è
premiare con la scelta i produttori che eliminano e contengono al massimo gli imballaggi che non sono riciclabili.
Ed esercitare una pressione ferma di non-scelta su coloro che non lo fanno.

imballaggi 2

L’importante è vendere

Ci sono anche imballaggi studiati apposta per aiutare la conservazione del prodotto ed hanno una ragione,

ma tanti altri sono semplicemente un mezzo per suggerire all’acquirente l’idea di un valore maggiore del prodotto.

Perché, spesso, frutta e verdura non vengono vendute sciolte, bensì in vassoietti di cartone (se va bene) o di plastica? Molto semplice, perché l’uniformità della pezzatura conferisce un’idea di maggior pregio, di maggior cura a tutti i livelli.
Queste merci vengono così presentate, per giustificare il prezzo merceologico, spesso non giustificato. Non importa la qualità, va piazzato. Non importano i processi di reperimento e di lavorazione, non importa quanta spazzatura creano le confezioni di questi oggetti.


L’importante è che si venda: una mela, un mestolo, una valvola.


Pochi anni fa, una grossa industria alimentare specializzata in prodotti da forno, sperimentando del pane, ottenne delle forme che, in fase di lievitazione e cottura, creavano delle creste. Nessuno avrebbe comperato quel pane troppo strano, inoltre il processo di imbustatura sarebbe stato difficile. La faccenda però non era risolvibile in tempi brevi, bisognava operare su di un macchinario molto complesso. Ma se si fosse fermato il macchinario, si sarebbe andati in perdita. La perdita di quella linea avrebbe ridotto il margine complessivo di profitto della ditta.
Così hanno studiato e trovato una soluzione geniale. Geniale alla massima potenza, tanto da fargli tanto di cappello. Per continuare a produrre, mentre si studiavano le migliorie da fare ai macchinari, hanno rifinito i pani tagliando loro “le sbavature” e li hanno offerti sul mercato già tagliati in cassetta. Hanno impostato una campagna pubblicitaria nazionale, dove un’allegra famiglia si gustava una zuppa casalinga con dei singolari crostini, che sembravano fatti apposta per fare scarpetta o puccino. I crostini non erano che le rifiniture create dall’errore della macchina, ripassate in forno. Confezione e battage pubblicitario, hanno risolto il problema. L’industria ha avuto il tempo di sistemare la produzione senza mai fermarla, ha piazzato anche il prodotto mal riuscito. Se cercate i crostini per fare scarpetta, non li trovate più. Erano solo l’intelligente soluzione consumistica di un problema temporaneo!


La categoria degli imballi e delle confezioni è l’humus di questo tipo di soluzioni.

imballaggi, 1


Una crema, un liquido debbono per forza essere contenuti in un vasetto, in una bottiglia.

Il vasetto e la bottiglia, una volta vuoti vengono riciclati.
Nessuno spreco.

Analisi di un imballaggio molto frequente: le creme

Quante volte il vasetto è racchiuso in una scatola? Quante volte all’interno della scatola si trova un foglietto che spiega le virtù della crema, la composizione, quali altri prodotti della stessa linea è possibile trovare? Quante volte le indicazioni del tipo di crema, composizione ed uso sono già riportate sia sul vasetto che sulla scatola? Quante volte la scatola è sigillata da un foglio di cellophane? Quante volte il foglio di cellophane è tenuto fermo da un adesivo di carta?

Bene, tutto questo secondo gruppo di imballaggi sono
doppioni, spreco
perché vengono buttati, non aggiungono niente al contenuto e tantomeno alla conoscenza del prodotto. Hanno l’unico scopo di creare l’idea di opulenza, di una particolare cura per indurre all’acquisto del prodotto.

Tutto questo viene buttato nella spazzatura un secondo dopo l’apertura della scatola.

E gli esempi di imballaggi superflui possono continuare in una lista lunghissima.

domenica 16 novembre 2008

Consumo responsabile



Quando si parla di riduzione dei consumi, i media creano una immagine “privativa”, di recessione coatta, indotta da povertà, creando un senso di disagio e di precarietà.
Invece e comunque, nei Paesi cosiddetti del primo mondo,




si dovrebbe ridurre,


per una scelta di morigeratezza e di responsabilità sociale, il consumo smodato che è andato affermandosi in questi anni.



Non è vero che consumando di più si sostengono l’occupazione e la produzione.
L’unico risultato del maggiore consumo è quello di sommergere il pianeta di cose inutili, sprecare materie prime, tempo, denaro, inquinare. Tanto il produttore ha già calcolato di rientrare anche del costo di produzione dell’invenduto.
Un’altra conseguenza della sovrapproduzione è la ricerca demenziale al ribasso dei costi di produzione al fine di continuare a mantenere alto il margine di guadagno in certi passaggi, che guarda caso, sono sempre quelli in mano al terziario. Cioè, non al possessore della materia prima o di chi la lavora, ma di chi la commercializza!
Per mantenere alto questo margine, spesso le cose vengono prodotte con materiali scadenti, lavorate da mano d’opera a bassissimo costo, perché sfruttata o non qualificata e, spessissimo, senza alcuna tutela del lavoratore e dell’ambiente.



Queste politiche di spinta al consumo producono solo l’effetto di drogare il mercato. Bisognerebbe riuscire a resistere alla tentazione di voler acquistare più del necessario, e soprattutto a




non cedere alla tentazione di abbassare il livello della qualità per mantenere la quantità.



È molto probabile che un cibo biologico, o un oggetto artigianale, costino un po’ di più rispetto ad una cosa prodotta risparmiando sulla qualità della materia prima e sulla mano d’opera.



A cosa serve che, per ammortizzare il costo di una macchina gigantesca e sofisticata che produce secchi di plastica, si debbano produrre migliaia di secchi, si debbano pagare meno i lavoratori, si debba spostare la produzione dall’altra parte del globo per sfruttare lavoratori più ricattabili dalla povertà o dal sistema sociale?
Perché mettere i secchi in un container, su di una nave e fare loro attraversare gli oceani per venderli dove quasi tutti hanno già un secchio?
Perché spendere soldi in pubblicità per creare ai consumatori finali la voglia di avere un secchio di colore diverso da quello che hanno già?


A chi serve?


E allora, come incitava un simpatico magistrato:




resistere, resistere, resistere


giovedì 6 novembre 2008

Ma fare la spesa così diventa complicato !!!



Ma no!

Si tratta solo di farlo con volontà, prestando attenzione per un certo periodo. Né più né meno di quando si impara a camminare o ad attraversare la strada, allacciarsi le scarpe, guidare la macchina… sembrano tutte cose complicate, ma ad un certo punto, ecco la magìa: tutto un insieme di azioni separate si agglutina fino a diventare una sola, così semplice da sembrare automatica.

Osservare, leggere etichette, considerare prezzi,
soldi nel borsellino nostro ed in quello dell’umanità,
stagioni, diete, giustezza sociale…
insomma
“fare la spesa”
diventa un atto “etico,politico, di coerenza”
e anche noi nel nostro piccolo da “goccia” diventiamo “oceano”
Illustrazione: particolare di un olio di Nino Argentati