La chiusura del periodo che i più dedica alle vacanze estive pone sempre a tutti un momento di riflessione.
Chi non è andato è amareggiato,
sia che non sia andato per scelta, sia perché non ha potuto per altri motivi.
Chi c’è andato, spesso è deluso.
Le cose che ha fatto spesso non l’hanno sollevato, ricreato quanto avrebbe voluto.
Lo stacco della vacanza dovrebbe servire a ricreare le persone, a creare la giusta alternanza all’impegno del lavoro.
Ora, in quest’epoca di edonismo su tutti i fronti, cos’è la vacanza se non il trasferimento in altro luogo e la ripetizione concentrata di momenti vuoti e coatti già presenti tutto l’anno?
Pensare di risolvere il problema cambiando semplicemente budget,meta o compagnia,
non serve assolutamente a niente.
Conviene riflettere e agire sul vissuto intero.
Per questa riflessione, senza fare impegnativi richiami storico-filosofici, credo sia sufficiente partire da questo passaggio tratto dal decalogo del Voluntary semplicity Movement
“Liberarsi e liberare la propria facoltà di scegliere dal conformismo, dall’abitudine e soprattutto dalle dipendenze.
Agire sperimentalmente non sulla base delle convenzioni o dei condizionamenti, ma sulla base delle proprie credenze e della propria ricerca del piacere
(un piacere, come detto, stabile ed orientato all’armonia, che per essere tale deve prima di tutto non nuocere a nessuno).
Esercitare una forma di auto-controllo che aiuti a rendere liberi ed autosufficienti:
la scelta vera,
cioè non scontata o automatica,
é responsabile,
cioè riflettuta e orientata verso principi,
ha già in sé una scintilla di orgoglio e di soddisfazione.
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